Itaca

26 Settembre 2016 AUCI 0 Comments

“Quando ti metterai in viaggio per Itaca, devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure ed esperienze.”
Era proprio questo il mio augurio quando sono partita: la fertilità di un’esperienza che non si ferma all’apparenza, ma sottolinea il perché delle cose, cercando, e l’essenza più profonda. Saggiamente si dice: “Entrare nel mare è facile, il difficile è uscirne”, ed è un po’ quello che capita quando si deve rientrare da un viaggio così forte e totalizzante. Da sempre c’è chi ha il terrore di tornare, e anche io non sono mai riuscita a capire quelli che mentre sono in viaggio progettano già il ritorno: mi sembra quasi che non godano appieno dell’esperienza che stanno vivendo. Ma d’altronde, anche in letteratura, non si parla d’altro che di viaggi, e di ritorni.

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Basti pensare a Ulisse: l’Odissea è il libro del ritorno, ma allo stesso tempo nelle pagine dedicate a Itaca è costantemente sottolineato come il ritorno ci cambia. Perché l’esperienza accumulata in questi viaggi è così totalizzante che stentiamo a ricordarci chi eravamo prima di partire, dove eravamo, dove stavamo andando.
La mia esperienza, si può riassumere in: “Quando vedi un limite, è il momento di superarlo”.
Mi sono sentita limitata in tante situazioni, spesso non all’altezza, altre volte come se non le capissi totalmente. Ho avuto timore di sbagliare, di non essere abbastanza, quando magari mi veniva richiesto di essere più forte. Di essere arrivata al mio limite. E invece poi non facevo che rendermi conto di come i limiti fossero solo i miei. Che esistessero solo nella mia testa, perché basta mettersi in gioco, completamente, basta dire: posso, basta rischiare, e ciò che viene dopo è la perfezione di un’esperienza che è diventata molto più importante di quanto avessi immaginato prima di partire. Mi aspettavo di vivere delle belle situazioni, e mi sono ritrovata a crescere tanto, tanto da non riconoscermi alcune volte, tanto da pensare che ritornare in Italia poteva diventare una regressione.Shine 100%

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Mi sono interfacciata e relazionata con tutti, e alla fine credo di essere riuscita a lasciare qualcosa, un messaggio, un sorriso, una parola di conforto, quell’Asante (Grazie in lingua swahili, ndr.) che serviva in quella circostanza.
Mi sono occupata di cose che non avrei mai sperimentato rimanendo in Italia, mi sono messa all’ascolto dei bisogni degli altri, per capire, alla fine, che erano anche i miei bisogni, e così facendo ho dato il via a un effetto domino che mi ha totalmente investita.

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“Molla gli ormeggi, siamo liberi”. In marina essere liberi significa non avere blocchi, non avere più ostacoli che bloccano la nave, niente che trattiene la barca a un punto fermo. E io mi sono sentita libera, non più ancorata a false certezze che a volte diventano solo una scusa per non andare avanti, per non crescere.

Una delle ultime cose che mi ha detto padre Emilio, prima di partire, mentre stavo guardando il Nilo, è stata: “Ti stai riempiendo gli occhi”. Non solo gli occhi, ma anche il cuore, per affrontare al meglio il ritorno.

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In fin dei conti, anche il viaggio di ritorno ha una meta: capire che le avventure hanno mille orizzonti, non tutti tropicali e che il meglio non è altrove, il meglio è uno stato d’animo. È un coraggio consapevole di ciò che si può vivere anche qui, plasmando il futuro con le mie mani. E questa cosa si può sperimentare solo tornando.
“Itaca t’ha donato il bel viaggio, senza di lei non ti mettevi in via. Nulla ha più da darti. E se la ritroverai povera, Itaca non t’ha illuso. Reduce, così saggio, così esperto, avrai capito cosa vuol dire un’Itaca.”
Forse è proprio in questi ultimi versi il senso del viaggio e azzarderei anche della vita. La vera ricchezza del viaggio, cosa bisogna aspettarsi dalla nostra Itaca, quanto dobbiamo esserle riconoscenti, perché Itaca è più lo stimolo che la destinazione finale. Perché il paradiso può essere Karungu, Mayungu, come Roma o Castagna.

Perché a volte il vero viaggio, è nel ritorno.

Benedetta Piccoli, Casco Bianco, al termine del suo servizio in Kenya. Asante sana e in bocca al lupo Benedetta!