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Un’osservatrice privilegiata

27 Agosto 2018 AUCI 0 Comments

Ho davanti un foglio bianco e mille parole che mi volteggiano nella testa. Non riesco a dargli un ordine perché come al solito, sono veicolate dai sentimenti.

Sono qui da soli quattro giorni. Ma il tempo mi sembra dilatato. Sono successe tante cose, e le ho sentite tutte sotto pelle. Lo diceva già Hume circa tre secoli fa: la conoscenza non è un puro fatto cerebrale che mette in moto logica a raziocinio, ma un liquido che entra nelle vene e scorre insieme al nostro sangue, si fa respiro del nostro respiro.

Ma tutto parte dal semplice guardarsi intorno e io sono un’osservatrice privilegiata. Ho tanti pensieri, dalla semplice curiosità perché sono in un posto nuovo con nuove realtà, al più complesso sentimento di voglia di mettersi in gioco misto talvolta ad inadeguatezza dovuto al naturale processo di adattamento.

Mi guardo intorno. Vedo cosa mi circonda, cosa c’è e cosa manca. Manca il lago, ma ho intorno a le vette più alte del Kenya. Manca la certezza del mia zona sicura, ma ho la consapevolezza che anche qui posso trovare un porto dove approdare. 

Ho conosciuto qualche bambino della casa famiglia. Ho iniziato a interagire con loro e spero di riuscire a trasmettere qualcosa. Chissà se Magic sarà in grado di arrivare anche qua.

Molti di questi bambini li ho conosciuti in dispensario, dove abitualmente loro vanno per prendere i loro farmaci antiretrovirali. Farmaci salvavita. Ho sempre pensato che fosse un paradosso parlare di farmaci salvavita quando la vita in gioco è quella di un bambino di 3 o 4 anni. Eppure li vedi arrivare, entrare in stanza a gruppi di 3 con i loro maglioncini, le infradito rosse, i loro sguardi da piccoli uomini che hanno già la facoltà di recarsi in un dispensario da soli, magari solo con un compagno qualche anno più grande. I loro sorrisi, a volte sdentati, ma sempre carichi di energia.

Entrano nella stanza e mi guardano. Arrangio qualche parola in swahili per farli sentire a loro agio e loro ridono. Poi li misuri: altezza, peso, temperatura, battito cardiaco. Ogni 2 mesi vengono valutati in base a queste caratteristiche. Vanno monitorati. I farmaci salvavita devono fare effetto.

Dopo questa prima fase di screening, arriva la parte che più mi divide in due. Devo aprire il file dove è riportata la loro viremia. Ogni volta sento il cuore che salta un battito quando clicco su quel tasto.

Tiro un sospiro di sollievo quando leggo il risultato sperato. Guardo il bambino, sorrido, lui ricambia il sorriso. La terapia sta funzionando, lui risponde bene, il virus è soppresso. Va bene! Rifaccio la prescrizione e gli diamo i farmaci. Gli ricordiamo come prendere la terapia. La mattina e la sera. E la raccomandazione è sempre la stessa: non saltare nemmeno una dose.

Fortunatamente questo è il caso più comune. Ma poi c’è l’altro caso. Quello che vorresti non leggere mai. Quando apri le analisi e il virus non è soppresso. È lì, nel sangue. Anche in quel caso guardo il bambino e sorrido. E anche in questo caso il bambino ricambia il sorriso. Se è più timido abbassa lo sguardo, ma mi sorride. Poi tossisce. E quel rumore rimane nelle orecchie. Già perché so che per una serie di circostanze non meglio delineate la terapia salvavita non sta funzionando e allo stesso tempo bisogna aggiungere un altro farmaco al cocktail che ogni giorno lui sta prendendo. Eppure lui rimane un piccolo uomo impassibile davanti alle pillole che gli stiamo dando. Decidiamo qual è l’antibiotico, spieghiamo anche a lui come prendere tutta la terapia. Mattina e sera. E anche qui la stessa raccomandazione : non saltare nemmeno una dose, sperando che il motivo del “momentaneo” fallimento sia quello. Lui prende le sue medicine, le mette nella bustina e lo vedo uscire dalla porta.

Mi auguro che quella terapia possa in qualche modo fare effetto. Che quelle pillole possano essere prese in modo corretto, perché indubbiamente quello è il primo passo per il successo della terapia. E mi chiedo se andrà tutto bene. Se tutto questo ha un senso. Ma non ho il tempo per darmi una risposta, perché nel frattempo è entrato il prossimo paziente, l’azione sopravanza e supera ogni pensiero, ogni riflessione. Devo aprire il prossimo file.

Benedetta Piccoli, Ex Casco Bianco in missione a Meru, Kenya